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Le alterne fortune della barba

Legato alla cultura hipster, il significato socio-culturale della barba è stato a lungo – a partire dal secondo dopoguerra – quello dell’anticonformismo. Negli ultimi anni, insieme ai baffi, è tornata in voga in una versione glamour.

Mio nonno si radeva tutte le mattine. L’idea della barba – nelle versioni hipster e, di recente, glamour – gli dava prurito quanto e più della barba stessa. Non gli piaceva neppure vederla sul viso di suo nipote. La toeletta era semplice – schiuma, rasoio monolama, acqua di colonia – e rispondeva a un bisogno d’ordine, più che estetico. Un volto pulito come prova di pensieri netti e concreti, lontani da ombre e fantasticherie. Le tragedie del Novecento, vissute in prima persona, avevano educato una generazione all’essenziale. Quelle rapide toelette quotidiane mi sembravano un esercizio di disciplina interiore, guidato dal metodo del rasoio di Occam: a parità di valore, scegliere le spiegazioni e le soluzioni più semplici, tagliare quelle superflue.

La storia della barba è antica quanto quella del mondo e ha conosciuto, naturalmente, alterne fortune. Presso gli antichi Ebrei rivestiva un’importanza capitale: radersi era segno di lutto e tagliare quella altrui rappresentava un vero e proprio oltraggio. Anche nella tradizione araba, come è noto, la barba è presa da sempre molto sul serio. Lo stesso dicasi, pur nelle differenze culturali, per gli antichi Greci, ai quali dobbiamo l’immagine, divenuta proverbiale, del filosofo barbuto. Si racconta che Alessandro il Grande, campione di vanità, curasse meticolosamente la propria rasatura: il volto glabro esaltava il suo bel profilo, o almeno così egli credeva.

A Roma, con la Repubblica e poi con l’Impero, radersi divenne una scelta diffusa, ma la barba conservò sempre un significato fondamentale. La sua comparsa segnava l’ingresso nella vita adulta – il primo taglio, la depositio barbae, era un vero e proprio rito – e il suo volgere al bianco indicava la conquista della saggezza acquisita con l’esperienza di vita. L’imperatore Giuliano, reso oggetto di ironie sulla propria barba, compose addirittura un’operetta satirica dal titolo ‘Misopogon’, traducibile come ‘Il nemico della barba’. In Grecia e soprattutto a Roma, si diffusero i barbieri: lavoravano in bottega o a domicilio e in loro compagnia era costume lasciarsi andare a chiacchiere leggere.

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Nel Medioevo, la barba era legata soprattutto alla vita ascetica contrapposta alla mondanità ed era, infatti, un tratto distintivo dei monaci, in particolare orientali. Nella trasposizione cinematografica de ‘Il nome della rosa’, Sean Connery interpreta Guglielmo di Baskerville – alcuni vi riconoscono il già citato Guglielmo d’Ockham – e porta la barba. Si trattava, comunque, duna scelta piuttosto personale, condizionata dal gusto, dal carattere e dalla moda. Così è stato anche in età moderna fino ad arrivare ai giorni nostri, con una particolare fioritura nell’Ottocento, secolo in cui il volto irsuto ha conosciuto momenti di eccentricità e di mode elaborate, con barbe arricciate e baffi all’insù. Poi, a partire dalla prima guerra mondiale, la barba ha conosciuto un declino, con una significativa eccezione: gli ebrei ortodossi, rigorosamente ossequiosi verso la parola sacra.

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Oggi la barba è tornata a essere un fatto puramente estetico, trasversale a categorie e gruppi sociali. Alla toeletta quotidiana dei nostri nonni, fatta di schiuma e rasoio, si sono sostituiti sontuosi rituali, fatti di impacchi, creme e lozioni.

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Nel Novecento e, in particolare, dopo il Sessantotto, la barba ha portato con sé, sempre più, un’identità ideologico-politica di significato rivoluzionario. Si spiegano così le barbe irsute degli anni Settanta – per eccellenza il decennio della contestazione – e, di converso, la pelle liscia degli anni Ottanta, il momento del ‘riflusso’. Legatissimo alla cultura hipster, il significato socio-culturale della barba è stato a lungo – a partire dal secondo dopoguerra – quello dell’anticonformismo. Negli ultimi anni, insieme ai baffi, è tornata in voga in una versione glamour, assecondata dal mondo della cosmesi e della bellezza, che gli hanno riservato crescenti attenzioni. Nel nostro tempo post-ideologico, la barba è tornata a essere un fatto puramente estetico, trasversale a categorie e gruppi sociali. Alla toeletta quotidiana dei nostri nonni, fatta di schiuma e rasoio, si sono sostituiti sontuosi rituali, fatti di impacchi, creme e lozioni.

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