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le nuove sfide della formazione

Di Lorenzo Morelli Exutive Man

Materie teoriche innovative e attenzione per le competenze trasversali rappresentano la risposta formativa alle esigenze quotidiane di un settore in continuo sviluppo

Ho letto con interesse gli interventi di Annamaria Frigo e Bernardo Zanoner all’interno del focus sulla formazione, pubblicato sul numero 106 di Mabella di settembre 2019. Al di là delle specificità del settore estetico – su cui vado a soffermarmi – la sfida del lifelong learning (apprendimento continuo, ndr) è cruciale all’interno della società della conoscenza: dalla sua riuscita dipendono in larga misura i traguardi professionali dei suoi gruppi e dei suoi individui. È opinione largamente condivisa, tra gli addetti ai lavori, che alla straordinaria vitalità del settore estetico e del benessere corrisponda una significativa indolenza da parte del legislatore. È appena il caso di ricordare che la legge sull’estetica risale al 1990 e mostra oggi tutti i segni del tempo, nonostante il progressivo aggiornamento del catalogo di apparecchiature elettromeccaniche. Una norma, la l.1/90, che non include, tra le finalità dell’attività estetica, il contributo al recupero e al mantenimento del benessere psico-fisico della persona; omette inoltre la pratica del massaggio, riconducendola all’interno della più generica manualità. Questa difficoltà del legislatore nel recepire le novità di un settore così vivace si svela anche constatando le trascurate necessità evolutive dei percorsi di formazione, legate alla trasformazione della domanda e dell’offerta dei servizi di bellezza e benessere. Fortunatamente, tuttavia, la reattività della società civile e dei suoi attori economici supera spesso quella del legislatore e del decisore politico. Numerosi enti, da anni e in modo spontaneo, hanno integrato materie come management, gestione aziendale, informatica, una seconda lingua – ma anche nuovi insegnamenti tecnici – aggiungendole a quelle previste dalla l.1/90 e ai programmi regionali, al fine di offrire una formazione più
completa e competitiva sul mercato del lavoro.

 

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Bernardo Zanoner ha posto l’accento sull’acquisizione e il potenziamento delle soft skills (competenze trasversali, ndr): rimaste ancora largamente un proposito, devono trasformarsi in un obiettivo da perseguire con convinzione. Sul modello di alcuni atenei virtuosi, sarebbe auspicabile riscrivere i percorsi formativi professionali, a partire da quello estetico, destinando ore al potenziamento delle competenze trasversali secondo un vero e proprio programma di work out, possibilmente personalizzato, il cui primo momento dovrebbe essere quello dell’analisi dei fabbisogni formativi individuali. L’incessante ampliamento dell’offerta dei servizi – condivisibile la proposta di Annamaria Frigo – suggerisce di concepire un percorso formativo comune che, in seguito, si differenzi a seconda dei settori di specializzazione. Si tratterebbe, anche in questo caso, di mettere ordine sotto il profilo normativo a una tendenza esistente: l’allieva qualificata prosegue quasi sempre il proprio percorso specializzandosi in maniera autonoma, affidandosi a corsi organizzati da enti di formazione, aziende cosmetiche e tecnologiche. Più problematica, per quanto auspicabile, appare la proposta di un corso di laurea: richiederebbe una mole di studio – in termini di CFU – di gran lunga superiore rispetto a quella affrontata oggi. Se la laurea diventasse l’unica via per poter esercitare la professione, l’aspirante estetista, scoraggiata, potrebbe scegliere l’abusivismo.

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